Gianfranco de Turris, editorialista assai noto ai lettori de “il Borghese”, è Segretario della Fondazione Evola. Alla diffusione del pensiero del tradizionalista ha consacrato l’intera esistenza, in qualità di curatore dal 1993 della collana dedicata dalle Mediterranee alle opere del filosofo e prodigandosi nella cura dei numerosi testi editi dalla Fondazione stessa, nonché nell’organizzare eventi centrati sul pensatore romano. Dal 1961 si occupa, inoltre, di fantascienza e di fantasy, argomenti dei quali ha trattato su riviste e periodici, dirigendo collane specialistiche e producendo un profluvio di saggi. E’ considerato uno dei massimi esperti delle opere di Tolkien e Lovecraft. Ha lavorato 26 anni in Rai soprattutto nel settore culturale. Tra i suoi libri basti qui ricordare: Elogio e difesa di Julius Evola (Mediterranee, 1997), I non conformisti degli anni Settanta (Ares, 2003), Come sopravvivere alla modernità (Asefi, 2000), la raccolta di racconti Il silenzio dell’universo (Solfanelli, 1988), e il racconto lungo Il vecchio che camminava lungo il mare (Solfanelli, 1990-2014). Sulla centralità del pensiero di Evola ci ha cortesemente concesso la breve intervista che segue, uscita su “il Borghese”.
Quali sono stati gli eventi più significativi che la Fondazione Evola ha realizzato nel 2014 per commemorare il quarantennale della scomparsa di J. Evola (11 giugno ’74 – 11 giugno 2014)?
Abbiano iniziato con un convegno per gli ottanta anni della pubblicazione di Rivolta contro il mondo moderno (1934-2014), l’opera principale di Evola, importante e significativa ancora oggi. Una specie di anticipo di quelli dedicati alla ricorrenza vera e propria: il primo si è svolto esattamente l’11 giugno 2014, organizzato insieme alle Edizioni Pagine, che stampano ormai i libri della Fondazione, che ha visto interventi di vario orientamento (Fusaro, Malgieri Scarabelli, Veneziani). Il volumetto che li comprende è appena uscito appunto per Pagine con il titolo Julius Evola al muro del tempo, quello del convegno stesso. Infine c’è stato il grande convegno del 29 novembre intitolato, L’eredità di Evola, ovviamente il suo lascito nella cultura italiana dopo quattro decenni, dato che qualcuno l’ha interpretato diversamente in modo alquanto assurdo. Volutamente i nove relatori erano tutti docenti universitari, proprio per evidenziare questa intenzione (i loro interventi saranno pubblicati in volume dalle Edizioni Mediterranee). Le varie polemiche ad opera di certa “destra” e di certa “sinistra” dimostrano che si è colpito nel segno. Infine, non bisogna dimenticare tutti gli articoli che sono stati pubblicati in occasione dell’anniversario, su vari quotidiani e riviste di diverse tendenze e ambiti ma anche nella Rete, ad opera di persone vicine alla Fondazione. In tal modo l’anniversario non è rimasto confinato in una stretta cerchia di interessati.
I Convegni di studio e i numerosi volumi nell’ultimo anno dedicati ad Evola testimoniano un diffuso interesse per il suo pensiero. Quali le conclusioni cui si è giunti sul suo pensiero? Evola può ancora oggi essere punto di riferimento in grado di fornire risposte ai problemi del nostro tempo?
Sì, questo anniversario è stata l’occasione per la pubblicazione di varie opere, sia antologiche che di saggistica su Evola, proprio a dimostrazione della importanza del suo pensiero, anche se un paio di esse erano aprioristicamente critiche. Ma non si prende di petto o si cerca di svalutare un autore considerato minore o minimo. E’ questa la dimostrazione diretta e a contrario della centralità di Evola nel dibattito contemporaneo delle idee, soprattutto in un momento di profonda crisi di praticamente tutti i valori su cui si basa la nostra civiltà. Evola è diventato un classico e come tale le sue idee nei vari ambiti sono in linea di massima sempre valide. Anche il silenzio assoluto, assordante, della cosiddetta “grande stampa” che si ricorda degli anniversari di autori sconosciuti, è una dimostrazione di ciò.
Una parte del mondo accademico sta finalmente concedendo ad Evola l’attenzione che merita. Nonostante ciò, il suo pensiero resta “pietra dello scandalo” per certa destra e certa sinistra. Per quali ragioni?
Per paradossale che sia, considerando il poco apprezzamento che Evola aveva per l’Accademia, è proprio da una certa parte di essa che viene rivalutato, ed è questa la “pietra dello scandalo”, appunto, che si è vista nel convegno del novembre 2014. Peraltro Evola, come si può leggere in certe pagine de Il cammino del cinabro, auspicava che alla fine certi ambienti si accorgessero dell’originalità e del valore del suo pensiero. Evola si è interessato, sempre con acutezza controcorrente, di moltissimi argomenti che tutti conoscono. Quindi l’apprezzamento è giunto da accademici di specializzazioni diverse, cioè da coloro i quali, avendo approfondito una determinata materia (arte, filosofia, esoterismo, storia delle religioni e così’ via) ed essendo in buona fede, privi di pregiudizi (l’accusa di “dilettantismo”, l’ostilità “ideologica” a priori ecc.), si sono resi conto di quanto Evola nei singoli temi abbia anticipato e percorso vie interpretative soltanto oggi riscoperte o appena imboccate.
Pensiero divergente rispetto allo stato presente delle cose, quello di Evola. Quali canali utilizza la Fondazione nella sua battaglia culturale per diffonderne le ragioni?
La Fondazione ha i mezzi che ha e non c’è nessuno che pensa di aiutarla, quindi facciamo quel che è possibile seguendo le direttive di sempre: pubblicazioni di libri e organizzazione di convegni, oltre alla sponsorizzazioni di iniziative vicine alla idea tradizionale. Con l’Editore Pagine stiano adesso pubblicando tutte le nostre collane: la “Biblioteca Evoliana” dedicata alle antologie complete delle collaborazioni del pensatore divise per testata; i “Quaderni di testi evoliani”, antologie più brevi dedicate a singoli argomenti: il prossimo sarà sugli scritti di orientalistica per la cura di Riccardo Rosati; la “Piccola biblioteca della Tradizione” volumetti su argomenti evoliani o tradizionali dove appariranno, come ho detto, gli atti del convegno del giugno 2014. Con le edizioni Arktos invece pubblichiamo il nostro annuario, Studi Evoliani, di cui è in preparazione quello del 2013. Si dovrebbe capire che la vendita di questi testi rappresentano in realtà le nostre uniche entrate. Abbiano infine il nostro sito, che si cerca di aggiornare e arricchire nei limiti del possibile.
Per concludere, è possibile trarre spunto dalle opere di Evola per “sopravvivere alla modernità” ultima? Grazie.
Certamente, soprattutto perché Evola ha anticipato molte delle problematiche attuali. Oggi ci troviamo in un mondo caotico, nichilista, senza punti di riferimento non solo esteriori ma soprattutto interiori. Complici, si deve dire senza luoghi comuni, anche le nuove tecnologie, che per loro pervasività portano alle estreme conseguenze la “proprietà transitiva” della “macchina”: ne è passato del tempo da quando queste cose venivano denunciate da Jünger, da Evola stesso e poi da Heidegger… la cui denuncia è quanto mai attuale. La “schiavitù” dell’uomo nei confronti della macchina, descritta in Metropolis (1927) e in Tempi moderni (1936), e da tanta fantascienza, è diventata assai più sottile, diffusa e penetrante. Non si usa la tecnologia digitale ed elettronica, ma se ne è usati. Quindi se non si ha una corazzatura mentale, culturale, ideale e spirituale adatta alla bisogna si soccombe inevitabilmente, invece di usarla per i nostri scopi. Anche se per alcuni i new media sono una assoluta conquista della civiltà occidentale. Cavalcare la tigre è un libro sempre utilissimo in questo senso. Lo stesso vale per la degradazione etica del vivere civile e della politica: se si fosse tenuto conto di quanto Evola scriveva su questi temi non ci sarebbe stato il fallimento pressoché definitivo dei partiti politici di destra. Lo stesso si deve dire per la crisi dei valori e delle religioni dominanti: anche su questo Evola ha scritto sin dagli anni Cinquanta parole illuminanti su come evitare i pericoli del neospiritualismo. Da un punto di vista filosofico, la sua rivendicazione di una centralità dell’Io nello sfaldamento contemporaneo è essenziale, così come il suo concetto di realtà. Quando poi non sembra rimanere più nulla in piedi, addirittura neanche la propria identità sessuale, ebbene credo che leggere certi libri di Evola costituisca ancora un potente antidoto ad una degenerazione sempre più diffusa.